domenica 30 dicembre 2012

Il gioco nell'educazione e nella rieducazione del bambino diversamente abile


L'attuale carenza di una valida interazione fra società e bambini diversamente abili non sarebbe tanto riferibile ad una turba dello sviluppo di strutture e delle volontà politiche, quanto ad un falso ed ambiguo rapporto ideologico esistente fra soggetto alienato e società.
Questa affermazione, tuttavia, non deve scoraggiare coloro che si pongono fiduciosi sulle vie delle riforme istituzionali, giacchè sono queste le uniche strade che possono fornire risultati concreti.
E' necessario che gli adulti responsabili siano consapevoli del fatto che il programma richiede tempi lunghi, che il lavoro è complesso e faticoso e che le opinioni, gli atteggiamenti e i pregiudizi non possono sfuggire all'autocritica continua. Appare importante ricordare che i bambini portatori di handicap, precocemente inseriti in gruppi di coetanei più fortunati e dotati, che fungano da modelli guidati da educatori attenti e pazienti, possono acquisire gli opportuni insegnamenti del vivere sociale; in questo predomina un rapporto a doppia direzione che riprende lo schema del rapporto originario madre-bambino nel quale si pongono le premesse per il futuro scambio di diritti e doveri fra l'individuo e  la società.
Riprendendo alcuni punti della monografia di Beltrame e Perego "Non esistono parentesi felici", che appare valida per un bambino diversamente abile per varie cause e quindi anche per quello affetto da distrofia muscolare progressiva, vogliamo rimarcare come, secondo gli attuali orientamenti, il gioco potrebbe costituire un valore indispensabile allo sviluppo psicofisico e sociale del bambino, soprattutto nel superamento delle condizioni disadattanti. Si può dire che il gioco rappresenta l'attività spontanea e prevalente del bambino almeno fino a sei anni, mediante cui egli sviluppa la sua motricitàè, le sue facoltà sensorie, il suo psichismo, la sua socialità.
Dalla nascita, allorchè il bambino si trova in uno stadio di impulsività motoria, sino all'inizio della scuola elementare, il gioco ed i giocattoli costituiscono l'attività e gli strumenti attraverso i quali egli inizia a prendere coscienza di sè, scopre i piedi e le mani, vede, tocca e trattiene i primi oggetti, impara a coordinare i propri moviementi, a stabilire l'esistenza del rapporta fra la proprietà degli oggetti, a maturare il coordinamento tra attività motorie ed intellettive, egli si apre all'incontro con gli altri, svolge giochi di gruppo, si adatta alle regole, imita, inventa.
Appare fondamentale che ogni attività ludica, terapeutica, occupazionale, scolastica venga proposta e vissuta dai bambini con spirito di gioco, fornendo ampio spazio alla loro creatività e soprattutto stimolando la creatività delle persone responsabili, con una costante presenza affettiva, con un incoraggiamento che vengano avvertiti dal bambino provocando tendenze rinunciatarie, di dipendenza e di aggressività. 
Il bambino disadattato, qualunque sia il tipo e la gravità dell'handicap, non è molto dissimile essenzialmente dal bambino sano, ed esige quindi in egual misura che i suoi bisogni siano soddisfatti. Il bambino deve avere ampia libertà nella scelta del gioco e dei giocattoli, senza tralasciare di aiutarlo e di stimolarlo, è necessario stabilire a quele livello di sviluppo motorio, conoscitivo e affettivo egli si trova, onde evitare giochi e giocattoli inadatti, tali da farlo sentire incapace, diverso dagli altri e quindi demoralizzarlo.


Mario Rossi

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